Storia

Mille anni di Giaveno

La storia del Vicus Gavensis è più che millenaria e lo si apprende dalla Cronaca della Novalesa. È probabile il nome di Giaveno derivi dall’insediamento primitivo della famiglia romana dei Gavii, da cui la denominazione classica latina Gavannulae.  A testimonianza dell’epoca romana anche dei ritrovamenti: in Via Pacchiotti (un tratto di lastricato) e nei pressi del Santuario della Madonna del Bussone (ritrovamenti legati alla sepoltura dei morti).

Il Medioevo

Una data cardine nella storia di Giaveno è il 22 giugno 1103, quando Umberto II di Savoia dona il territorio di Giaveno all’Abbazia di S. Michele. Iavenno nel 1286 è sede dell’incontro dei nobili di molti centri del Piemonte nei prati davanti all’Arco delle Streghe: è il primo “parlamento” sabaudo.

Nel 1374 l’abate clusino Roldolfo di Mombello promuove la costruzione di una nuova cinta fortificata, terminata nel 1381. Cento anni più tardi, nel 1454, l’abate Guglielmo di Varax concede alla comunità giavenese uno statuto autonomo e nel 1494 il “governo” cittadino si stabilisce davanti a palazzo Sclopis.

Il dominio francese

Nel 1630 la peste non risparmia Giaveno e la Val Sangone. Nello stesso anno si combatte anche la “Battaglia di Giaveno” nell’ambito del conflitto per la successione del ducato di Mantova tra il duca di Savoia Carlo Emanuele I e Luigi XIII. Stanchi dell’occupazione francese, l’anno successivo, i giavenesi tendono un’imboscata sotto la Torre Garola, in borgata Buffa, ai soldati francesi che stavano rientrando al reggimento di Coazze: i Vespri della Turinera. Non sarà la sola volta in cui Giaveno dovrà subire le angherie francesi: nel 1691 e nel 1695 il generale Nicolas Catinat scenderà dal Colle del Besso per saccheggiare il borgo.

Il Settecento è il secolo in cui affonda le radici l’ospedale di Giaveno. Nasce nel 1719,  per volere della Congregazione di Carità che assiste  malati e poveri con i proventi del “Gioco dell’Archibugio o Tavolazzo”, una sorta di tiro a segno a squadre. L’ospedale assumerà la collocazione attuale, vicino all’ex-ponte Rametti nel 1864.

L’eco della Rivoluzione francese non tarda a farsi sentire: nel 1798 viene eretto in Giaveno l’Albero della Libertà, mentre le principali piazze cittadine vengono cambiate di nome con Libertà, Uguaglianza, Virtù e Fratellanza.

La rivoluzione industriale

Tra la fine dell’Ottocento e gran parte del Novecento Giaveno è una città industriale. Nel 1845 la Società Negozio Astesana e Bayla conta in regione Grangia Marin una filatura di cotone da 6700 fusi. Nel 1847 l’opificio si amplia ancora e nel 1858 viene rilevato da Francesco Rolla, che incrementa la produzione con altri 5600 fusi.

Poco dopo, nel 1881, accanto all’Ollasio, sorge il primo stabilimento industriale per la tessitura della canapa, ampliato da Alfredo Moda nel 1890 e convertito alla tessitura della più redditizia della iuta.

Nel gennaio 1899 Alfredo Moda e Guido Gerardi danno vita ad una società che si occupa di produrre e distribuire corrente ad uso industriale e per l’illuminazione. Mentre è di poco precedente, nel 1873, l’arrivo nella cittadina di un ufficio telegrafico.

Giaveno, città di fabbriche, si collega stabilmente a Torino il 27 maggio 1883 con l’inaugurazione della linea tramvia a vapore, voluta dal sindaco Candido Moda, e che verrà smantellata nel 1959.

La Resistenza

Il 18 ottobre 1997 l’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro investe Giaveno della medaglia d’argento al valore militare. In venti mesi di guerra la Val Sangone subisce 27 rastrellamenti e due bombardamenti aerei.

Le prime bande partigiane si formano all’indomani dell’8 settembre, crescendo fino ad arrivare a contare un migliaio di partigiani all’inizio del 1945. Si raccolgono attorno alle figure di Sergio De Vitis, Nino Criscuolo, Carlo Asteggiano e Giulio Nicoletta, Felice Cordero di Pamparato (Il Camapana), Giuseppe Falzone, Eugenio Fassino e Guido Quazza. Cresce anche la consapevolezza nella popolazione che nell’ultimo anno di guerra fiancheggia apertamente “i ribelli”.

Il ’44 è un anno di lotte intense. Nel maggio le truppe del generale Peter Hansen effettuano uno dei rastrellamenti più duri avvenuti sul territorio. Nell’alta Valle i partigiani combattono una battaglia di nove giorni che conta un centinaio di caduti. Nel giugno Nicoletta dà la sua vita nell’attacco alla Polveriera di Sangano. La “Divisione autonoma” che raccoglie tutte le formazioni partigiane prende il suo nome.

Tra l’inverno del ’44 e la primavera ’45 in Valle restano solo due formazioni partigiane. Le altre sono dislocate in pianura e dal 25 al 28 aprile la Val Sangone partecipa con mille partigiani alla liberazione di Torino.

Di quel periodo rimane la cronaca del diario dell’allora podestà Giuseppe Zanolli (poi sindaco), conservato nella biblioteca comunale.